20090719

BARare

caro psicologo,
ho un morbo assai grave, che mi turba e mi perseguita. facendo un breve resoconto delle donne che in quest'ultimo periodo hanno saputo portar festa ai miei sensi o hanno attirato il mio desiderio, non è stato difficile accorgersi del filo conduttore che le lega tutte quante. in primo luogo una forma di pensare contorta. ma forse questo è il motivo per cui ho provato attrazione. in secondo luogo posso sostenere che il loro atteggiamento snob le contraddistingue. un altro aspetto che ahimè non posso che riportare è il loro interesse verso uomini assai più grandi di loro (credendo che alla mia giovane età 10 anni di differenza siano tanti). una ultima e drammatica annotazione riguarda il loro impiego serale. tutte e quattro fanno le bariste. vede, carissimo dottore, non è compito mio analizzarmi (a questo ci penserà lei, che oltre a svolgere un lavoro inutile e strapagato deve anche trovare qualcosa da fare) ma credo di avere qualche strana forma di attrazione verso il bancone del bar. premettendo di non essere mai stato un gran bevitore e di non aver conosciuto nessuna delle quattro sul luogo si lavoro (che strazio se così fosse stato!) devo dirle con sincerità come passo ora le mie serate. appena dopo cena, inpugno il volante della mia automobile e mi dirigo verso la barista più lontana, così da poter lasciare le altre sulla strada del ritorno. dopo 60 km di strada mi avvicino al bancone e faccio finta di non riconoscerla, la saluto e ordino un amaro con il ghiaccio. non mi siedo, ma vado fuori, e la spio attraverso la vetrata. poi aspetto il momento di fare qualcosa, mi aggrego a persone sconosciute o fingo d'aspettare qualcuno. ma finisco con il sentirmi ridicolo e dopo un nuovo amaro vado via, senza pretendere un saluto. sulla strada del ritorno sono felice, perchè ho dato relativa quiete alla mia frenesia. e perchè ho avuto la conferma del mio spiacevole stato mentale. al km 30 devo svoltare verso la città e salutare la numero 2, quello che ho illuso e che non mi sento di lasciare. dopo 25 minuti di ricerca, trovo un glorioso parcheggio sul marciapiede, vicino la stazione e, con l'abitudine di un sacerdote sull'altare, saluto la ricciola che - chissà come - mi aspettava, come quasi ogni sera. io la faccio sentire importante, e dopo tutto quello che c'è stato non le so dire addio, ma questo, mi creda, penso sia solo perchè adoro essere bramato, telefonato, cercato. non posso dirle che sono lì per lei, perchè mentirei. non posso dire che sono lì per caso, perchè sarei buffo e poco credibile. non posso dirle proprio nulla, perchè non ho la più pallida idea del motivo per il quale io sia solo, davanti a un bancone, ad ordinare una birra ghiacciata e a sentirmi rimprovevare. a sentirmi vomitare addosso tutta la verità che già so. che sparisco in continuazione, che uso le persone, che non le rispetto. che le inganno. dice sempre così. allora, convinto che per qualche arcano motivo io mi voglia far del male in ogni caso, esco di corsa dopo aver pagato, perchè penso che, in ogni caso, non sia giusto tormentare una donna che mi rincorre e che mi ha di fronte solo per servirmi (e detto così, caro il mio psicologo, può sembrare buffo, visto poi che le lascio pure la mancia). di ritorno, ascolto alabama song, e credo che la mia seduta settimanale in questo studio debba diventare giornaliera. arrivando dopo una trentina di minuti davanti al terzo bar, il buio è ormai una coperta calda, e la gente fresca dell'estate invade le strade della cittadina. io entro la guardo e subito dopo abbasso lo sguardo senza scompormi. dopo le domande di rito, il capo sala le ricorda l'ordinazione del tavolo tot. io, dopo avergli augurato la morte, mi vado a sedere. una bella ragazza mi si avvicina con professionale gentilezza e mi chiede cosa gradisco da bere. io le rispondo "niente, grazie". poi le guardo il lato b allontanarsi da me, mentre il briciolo di cervello rimasto suggerisce ai miei impulsi che probabilmente non serve peggiorare la situazione (la mia). appena liberatasi dal servizio altrui la "mia" barista si dirige verso di me con la solita birra tedesca. vuole far vedere che mi conosce, che ci tiene. è una ragazza orgogliosa, signor analista, e non vuole farmi vedere quanto la faccio soffrire. ma so che mi vorrebbe stramazzato a terra. e lo vorrei anche io, mi creda, ma mi rendo conto che la mia situazione non è delle migliori. qualche anno fa sognavo di poter scegliere. adesso la situazione è diversa. io scelgo giorno per giorno, ma la mattina dopo non sono certo di aver scelto giusto. è per questo che mi chiamano irrispettoso e maledetto. ma non lo faccio per volontà o cattiveria. cerco di essere vero e sincero. ma dato che non sempre la penso allo stesso modo, lei capirà, molto spesso sembro contraddirmi, dato che l'io di domani non la penserà come l'io di oggi. e perdoni il mio gioco di parole. mi dirgo verso il bagno e penso che forse l'amore non esiste e se esiste dura poco. dura il tempo di una media chiara, mi dico. barcollando, piano piano verso l'uscita, i miei pensieri si fanno artificiosi e confusi, e mi prende come un attacco di malinconia. penso a quale sia la donna giusta, se esista una donna giusta per me. se esista qualcosa che raffreddi il mio malessere imperante. se magari, proprio tra quelle rincorse o che rincorrono, si possa nascondere la divina risposta. allora mi avvicino alla spillatrice ed in punta di piedi mi avvicino alla suddetta barista. smak, un bacio sulla fronte e un "ci vediamo presto". e come sono stronzo, e chi mi credo di essere con un bacio sulla fronte, e perchè mi sono perso nel parcheggio? domande senza una risposta plausibile. ormai sono le ore 2.00 e sarà meglio affrettarsi, onde evitare la chiusura del mio ultimo obiettivo. singhiozzando arrivo come un razzo a cielo aperto nel mio locale numero quattro. devo tenere sempre il fascino dell'uomo solitario, e nascondere il mio stato emotivo e alcolico, mi dico convinto. lei mi sorride, perchè da qualche giorno sono un nuovo cliente. io le sorrido e mi scuso per l'orario, visto che stava per chiudere. vedo nei suoi occhi molta curiosità nei miei confronti, ma non so ancora dire se anche qualche forma di attrazione. settimana scorsa l'ho incrociata ad un concerto, con un uomo di almeno dieci anni più grande, vestito in maniera casual e giovanillima. il desiderio è, a paree mio, come una giostra, e trova nel giro la sua goduria. quando si ferma, e i carillon si possono toccare, tutta l'adrenalina che prima era la linfa di quel desiderio diventa un'anonima serenità, troppo quotidiana per essere speciale. per questo motivo, mio paziente analista, faccio finta di non avere interesse palese verso l'intigante banconiera e la saluto con un cenno di capo furtivo.

vede dottore,
forse i miei problemi dipendono solamente dall'alcol.

e nulla più.