20090922

spè.

da tempo non parlo e cucio una piccola morte quotidiana. e lasciamo stare erik satie perchè l'hanno chiamata donna comune ed il mio moralismo perverso deve riordinarsi. e poi lasciamo stare anche quel cappello di paglia sulla fotografia e glio occhi orientali e la bici vecchia, perchè la stagione delle foglie cadenti ha un sapore troppo amaro, Noto. e di nuovo lasciamo stare le convenzioni, e far finta che del passato non può importare, che una persona appena conosciuta nasce oggi e non ha scuri ieri decadenti. e lasciamo stare che sono pronto ad instaurare una relazione seria con il platano che piange sul villoresi e che ospita la mia graziellabella molte di queste notti. e poi c'è chi va in slovenia e chi mi scrive da berlino. e anche chi ci andrà tra poco. ed io che non voglio nessuno perchè sono niente. odio le lamentele e la gente che si piange addosso. bisogna disperarsi soli, sul fiume, dopo aver passato un esame in modo casuale, dopo aver creduto negli astri, nelle volontà divine, nei discorsi degli spazzini alle 5 del mattino, quando cerco di spiegargli che io lavoro più di loro, senza paga, e mi sento ridere in faccia. poi la luna detta legge, e fa gustare l'unico catrame che adoro respirare. detto male e maledetto se bestemmio contro questa vita, che tanto mi dà, che non si fa raccogliere. e pensare che la gente che giudica mi chiama compiaciuta, sincera vede il mio futuro sopra i palchi, che ci può giurare, che se solo imparassi bene, con quei testi e quella portanza bestiale e quella musica... ci sarebbe solo da aspettare. ma che ne sanno però dei santi tira-pugni, delle strade salate, dei guizzi del fato amoroso, e delle "madonne anoressiche"?